15 Agosto 2016
Revolutionary Dream – La Vita e la Musica di Pablo Moses
L’autore David Katz ha condotto la conferenza, ricordandoci che quest’anno si celebra il decimo anniversario della Reggae University, introducendo Pablo come “una delle voci più uniche nel reggae. Un uomo con un Sogno Rivoluzionario”, riferendosi al suo classico del 1976 (Revolutionary Dreams) prodotto da Geoffrey Chung.
Pablo ci ha raccontato dei suoi anni di formazione, nato e cresciuto a Manchester Parish si trasferisce a Kingston dove comincia la sua carriera come cantante. Ha ottenuto il suo spazio più tardi, dopo aver provato presso i principali studi come Treasure Isle e Studio 1, senza incontrare successo. “ho pure dormito per strada aspettando di ricevere un’audizione”.
Nel 1975 all’età di 27 anni, ha convinto Geoffrey Chung, di Now Generation band, a produrre il suo singolo I Man A Grasshopper. Chung ha esitato fino a quando Moses lo ha minacciato dicendo che avrebbe portato il single al diretto rivale, il cinese giamaicano Herman Chin Loy. Il pezzo, registrato al Black Ark Studio di Lee Perry, fu censurato dalla radio a causa del contenuto attinente alla marijuana. “ Però la gente e i sound system la suonavano e ha raggiunto Europa, Inghilterra e Stati Uniti”.
Il single prodotto da Chin Loy We Should Be In Angola fu pure censurato, accusato di polemizzare la violenza politica giamaicana e l’invasione sudafricana dell’apartheid. “In quel periodo c’erano molti disordini politici in Giamaica, fratelli sparando a fratelli”. Ha scritto il testo mentre studiava chitarra nella Jamaican School of Music. “Perché lottare in Giamaica quando gli stranieri invadono la nostra terra patria?”.
Moses ha ricevuto beneficio e supporto dal programma socialista democratico di Michael Manley negli anni 70. “Era un buon periodo per i rasta e per i poveri. Era stata approvata la legge del libero ingresso e i neri ebbero la possibilità di entrare nelle scuole superiori giamaicane. I rasta potevano finalmente scegliere di andare nella scuola che preferissero. Prima dovevano stare nei boschi, venivano pelati e arrestati. Marcati come Blackhearth Man. Non prendevamo i cuori delle persone letteralmente però quando ti sedevi di fronte un anziano loro ti aprivano la mente”.
Il moderatore Pete Lilly, da Riddim, ha sollevato un punto cruciale “ molti rasta non hanno a che fare con la politica. Tu sei diverso“. “Principalmente scrivo canzoni su situazioni politiche e sociali” segue Moses “Vengo da un passato di povertà”.
Ha fatto premeditato uso del patois nel suo pezzo Give I Fi I Name. “Significa dammi il mio vero nome. Le élite chiamano il patois l’inglese rotto, però noi diciamo che è africano rotto, perché siamo stati forzati a parlare inglese. I nomi Maurice Henry Smith, questi sono nomi inglesi. Ho dato ai miei figli nomi africani”.
Nel 1980 Moses firma con Island Records, e nonostante dichiara che “non ho rimpianto” per aver lasciato la casa discografica visto che “ mi hanno contrattato e archiviato”, continua dicendo di essere orgoglioso delle incisioni fatte con loro. Nel 1983 ha registrato il suo pezzo preveggente, In The Future, che fu una delle prime composizioni giamaicani a includere l’uso del vocoder.
Rispondendo alle domande del pubblico, Moses ci racconta di un intenso episodio, quando nel 2000 un incidente lo lascia in coma per due settimane e in seguito con seri problemi al camminare. A poco a poco, lavando la sua macchina ogni giorno, ha ripreso forza e mobilità per poi tornare nel 2010 con l’album The Rebirth. “Ho sognato un grande serpente verde che cercava di prendermi mentre io volavo via per sfuggire alla morte. Jah ha detto, non è il tuo momento”.
La seconda sessione del pomeriggio prevedeva un approccio più contemporaneo alla cultura roots con i vincitori del Grammy i Morgan Heritage. Sfortunatamente l’appuntamento è stato cancellato e la Reggae University ci invita ad assistere al suo programma previsto i giorni successivi del festival.
Angus Taylor