20 Agosto 2018
L’importanza del racconto. Il significato che gli si dà, dipendendo da come e da chi lo fa, per narrare la propria storia. César Brandon nell’African Village si domandava qualche giorno fa: “Che succederebbe se tutto quello che hai raccontato fosse falso?”. La storia ci sta dicendo che i rifugiati sono il nemico e che le persone che li aiutano sono criminali. Tuttavia, Leticia Cabo, medico di Proactiva Open Arms, Manuel Blanco, pompiere e vice presidente di Proem-Aid, e Iván Prado, portavoce internazionale di Pallasos en Rebeldía, offrono un’altra visione nel Social Forum con Caminando juntos con los refugiados.
Ascoltare la testimonianza di persone come Leticia Cabo e Manuel Blanco ti fa venire la pelle d’oca e poter capire l’importanza del messaggio che si nasconde dietro le battute ironiche di Iván Prado ti fa sorridere ma essere ancora più cosciente di ciò che sta passando. Gli interminabili applausi del Social Forum sono una testimonianza di tutto questo.
Cambiare il punto di vista e difendere i diritti umani, così ci riceve il Social Forum nella quinta giornata del festival. “La chiamano crisi umanitaria, però è una crisi di umanità”, spiega Leticia Cabo. Lei lavora da due anni come volontaria in Proactiva Open Arms, con il proposito di “lavorare laddove i governi non fanno nulla, cioè salvare vite”. Sono 48 le missioni alle quali ha partecipato Leticia, lottando contro quella visione che li criminalizza, li persegue e li accusa: “Diamo fastidio perché prestiamo attenzione e diamo visibilità a ciò che sta accadendo”. La chiave è fare piccoli passi affinché si creino grandi cammini, attraverso iniziative come quella che organizza il Rototom per mano della sua Ong, Exodus, cioè la donazione del proprio bicchiere riutilizzabile, del valore di 1€, in favore di Proactiva Open Arms.
Il pubblico in piedi, anche fuori dalla tenda del Forum, segue con attenzione.
Manuel Blanco dice: “Non possiamo rimanere seduti a casa nostra, dobbiamo uscire dalla confort zone. Non possiamo lasciare che sia il mare a decidere”. Lui sa molto bene cosa significa essere criminalizzato per aiutare delle persone, visto che dovette affrontare un processo lo scorso maggio, poiché accusato di traffico di persone. Ciononostante, lui e i suoi compagni furono assolti: “Non li si può chiamare rifugiati se diamo loro un rifugio”, aggiunge Manuel, “noi volontari offriamo il miglior lato d’Europa e invece ci definiscono criminali”.
Non è facile abbandonare tutto ciò che hai, prendere uno zaino e abbandonare casa tua, sapendo che non tornerai. E questi sono i veri eroi e le vere eroine.
L’umorismo arriva poi per mano di Iván Prado, che prova a regalare sorrisi in diversi luoghi in conflitto, attraverso l’iniziativa Pallasos en Rebeldía. “Tutti siamo rifugiati, dobbiamo recuperare la nostra civiltà”. Iván ci parla dell’importanza di dare valore alla provenienza del racconto: “Se il Rototom serve a qualcosa è proprio per costruire un’altra narrazione”, spiega. “Alzano muri perché hanno paura e il contrario della paura è l’amore”, lo stesso amore che ci travolge tra gli applausi: “L’unica frontiera dev’essere la nostra pelle, che con l’amore si fonde”.
La chiusura è tutta per Ras Kuko con un concerto in acustico preparato per presentare il disco che sta producendo assieme a un cospicuo numero di artisti reggae nazionali e internazionali a favore di Proactiva Open Arms.