14 Agosto 2016
Con i suoi cinquantadue anni di attività (ha iniziato a cantare praticamente da bambina) è una autentica testimone dell’intera storia del reggae ed il suo vibrante set è una testimonianza di ciò con numerose covers storiche di personaggi come Desmond Dekker, Slim Smith, sua “sorella” Rita Marley, Dawn Penn, Millie Small e svariati altri. Marcia appare elegantissima on stage accompagnata dall’ottima band belga Asham Band.
Insieme a Rita e Judy Mowatt la cantante ha fatto parte come corista della band di Bob Marley durante i suoi trionfali tours degli anni settanta ed una consistente parte del suo show è dedicata sia a canzoni dei Wailers come per esempio “Put it on” che a materiale di Bob da solista come per esempio “Who the cap fit”. Le emozioni non mancano anche sul versante dei suoi brani e non possiamo non citare una bellissima “Young, gifted & black” che ci riporta ai primi anni settanta così come una trionfale “Feel like jumping” od un altro classico Studio One come “Tell me now”.
Dopo Marcia è la volta di un cambio di stile con il suo giovane compagno di etichetta (entrambi sono legati al leggendario producer Donovan Germain) Assassin noto da qualche anno anche con il nuovo pseudonimo di Agent Sasco. Con lui il festival si colora dei ritmi sensuali ed energetici della dancehall con super-classici come lo Sleng Teng riddim ma anche materiale dal suo nuovo lavoro “The theory of reggaetivity”, sicuramente il suo disco più maturo con un approccio più legato al reggae classico. Tra i nuovi artisti della dancehall Assassin è sicuramente uno dei più consistenti e lo dimostra ampiamente con un bellissimo concerto che precede l’entrata in scena dei barcellonesi Macaco.
Lo stile cambia nuovamente con il pubblico di casa a cantare in coro tutte le canzoni di questa band molto popolare in Spagna grazie ad una inconfondibile e personale miscela di pop iberico, suggestioni latine ed africane e rock & roll. Nella prima parte brilla una bellissima versione di “Love is the only way” che cattura tutto il pubblico ed in un altro momento dello show Macaco contestano attraverso uno striscione il tristemente famigerato accordo commerciale Europa-USA T.T.I.P. evidenziando la carica di denuncia della loro musica. Tra assoli di batteria e percussioni dal sapore africaneggiante e assoli di chitarra che ricordano a tratti sia i classici del rock che il flamenco il loro bellissimo spettacolo non manca di appassionare anche la parte di pubblico più legato al reggae.
Lo spettacolo di alto livello del Main Stage di questa sera è chiuso da una performance caldissima di Mykal Rose, artista giamaicano che è legato alla carica militante del reggae degli anni settanta avendo raggiunto la notorietà come cantante solista degli strepitosi Black Uhuru. La maggior parte del suo show è infatti dedicata al suo materiale di questo leggendario gruppo partendo da “Party next door” e “Solidarity” e passando attraverso i ritmi schiacciasassi di “General penitentiary”, “Guess who’s coming to dinner”, “Plastic smile” ed “Abortion”. Chi vi scrive tra l’altro è rimasto impressionato dalla padronanza con cui la backing band francese Dub Akom ha suonato questo materiale ideato da Sly & Robbie in un periodo altamente fertile per il reggae giamaicano come il passaggio tra gli anni settanta ed ottanta. Nel finale c’è spazio anche per episodi più recenti come per esempio il dancehall anthem “Shoot out”. La grande performance di Mykal Rose chiude un inizio veramente coi fiocchi di questa ventitreesima edizione del festival e nei prossimi giorni non mancheranno tantissime altre emozioni.